... e ne sono contenta...
Mi aprirò finalmente alla conoscenza della Svizzera, da disoccupata libera e sana.
mercoledì 19 novembre 2008
Oggi ho dato le mie dimissioni
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mercoledì 29 ottobre 2008
Neve a Sion
La luce rossiccia della serata mi ha avvertita della neve.
Terza nevicata consistente nei due anni passati qui.
Domani sarà l'anniversario del mio espatrio.
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venerdì 10 ottobre 2008
Autointervista
Hai lasciato l'Italia per lavoro?
Più o meno. Avevo voglia di cambiare.
A Sion, in Svizzera.
Francese, anzi sarebbe più corretto dire "romanda".
No, sto cercando di impararlo.
E' capitato. E' stato il primo posto dove ho trovato lavoro.
No.
Sì, spero presto.
Come ti trovi in Svizzera?
Abbastanza bene, per quanto l'abbia vissuta.
Fa freddo?
Sì, ma non eccessivamente: pensavo peggio.
La vedo spesso sulle montagne, ma a Sion l'ho vista finora una volta all'anno.
Quello che capita... certo non la passeggiata sul lungomare o lo shopping.
Non ci sono negozi?
Certo, ma chiudono presto.
A che ora?
Di solito alle 18.30, sabato e prefestivi alle 17.00. I centri commerciali hanno l'apertura "notturna" il venerdì (fino alle 20.00).
E la domenica?
Non rispondo nemmeno.
Ti piace la cioccolata?
Sì, molto.
Non lo so. Non ne conosco molta (a parte i vicini anziani). Sembra cordiale (tutti mi salutano).
Non lo so.
Insomma, chi frequenti?
Colleghi italiani.
Sì.
No, al settimo piano di un edificio al centro.
Amo i formaggi e quindi la cucina locale mi piace abbastanza.
Le fondue varie, la raclette, le cervelas, il rosti.
I prodotti italiani si trovano?
Sì, quasi tutti.
Sì rispetto all'Italia, ma anche gli stipendi lo sono.
Ci sono ristoranti italiani?
Sì.
Sì.
E' buona la pizza?
Di solito no, ma sono troppo napoletana per giudicare.
Sono troppo napoletana per giudicare.
Cosa ti manca di Napoli?
Dovrei preparare l'elenco...
E' troppo presto per dirlo...
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martedì 22 luglio 2008
Acrostico
Call center
Poveri
Anonimi
Lunghi
Lamenti
Eppure...
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Le temps perdu
(Jacques Prévert)
Devant la porte de l'usine
le travailleur soudain s'arrête
le beau temps l'a tiré par la veste
et comme il se retourne
et regarde le soleil
tout rouge tout rond
souriant dans son ciel de plomb
il cligne de l'oeil
familièrement
Dis donc camarade Soleil
tu ne trouves pas
que c'est plutôt con
de donner une journée pareille
à un patron?
le travailleur soudain s'arrête
le beau temps l'a tiré par la veste
et comme il se retourne
et regarde le soleil
tout rouge tout rond
souriant dans son ciel de plomb
il cligne de l'oeil
familièrement
Dis donc camarade Soleil
tu ne trouves pas
que c'est plutôt con
de donner une journée pareille
à un patron?
Il tempo perso
Sulla porta dell'officina
d'improvviso si ferma l'operaio
la bella giornata l'ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l'occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po' da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?
Sulla porta dell'officina
d'improvviso si ferma l'operaio
la bella giornata l'ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l'occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po' da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?
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mercoledì 16 luglio 2008
Carme 5 di Catullo - versione artistica in napoletano
Damme mille vase
(partecipazione alla 2ª edizione Concorso Poetica Femminile Dialettale “Penziere ‘e femmene”, 2003)
Catullo, poeta latino del I sec. a. C., espresse nei versi immortali del carme V il desiderio di abbandonarsi all’amore senza curarsi di chiacchiere e sguardi invidiosi altrui: la vita è breve, bisogna viverla godendo di ciò che è veramente importante. Ed è l’amore, inteso come un abbandonarsi ad un fiume di sentimento e passione, ciò che dà significato a quest’esistenza limitata. L’amore regala un attimo di felicità in grado di riscattarci dalla nostra finitezza.
Pensamm’a vvivere, e tenimmece astritto,
‘e chiacchiere d''e vvecchie bizzoche[1],
tutte quanne, nun so’ niente, n’’e penzamme!
‘O sole se ne scenne, ma po’ s’affaccia n’ata vota;
a nnuje, ‘na vota ca ‘stu lume se ne va,
nun ce rimane ca durmì ‘na notte eterna.
Damme mille vase, po’ ciente,
e ppo’ n’ati mille, e ppo’ ciente,
e ppo’ ancora n’ati mille, e ppo’ ciente ancora.
E ppo’, quann’assaje miliun’ n’amme fatte,
tutte quante l’ammiscamm’, accussì perdimm’’o cunto
e nisciuno ca ce vo’ male ce votte l’uocchie ‘ncuollo[2]
pecché nunn’’o sape quanta song’e vase.
Immacolata Sarnataro
Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis!
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut nequis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
Caio Valerio Catullo
[1] bizzoche: bigotte, donne che osservano maligne gli altri per criticarne i comportamenti.
[2] nisciuno… ‘ncuollo: secondo la mentalità popolare, gli invidiosi possono mettere “gli occhi addosso” alle persone felici e creare una sorta di “malocchio”. Non essendo a conoscenza della felicità degli amanti, non possono costituire pericolo.
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Carme 5 di Catullo - versione artistica in napoletano - Introduzione
Scrivere versi in dialetto non è semplice.
Il dialetto fa parte del nostro patrimonio culturale, è parte costitutiva delle nostre radici e della nostra percezione della realtà.
Sebbene siamo tanto radicati a questa cultura senza tempo, i nostri pensieri si articolano sempre meno in dialetto. Ecco che diventa così difficile esprimere con immediatezza pensieri e sentimenti in una forma di dialetto pura, senza espressioni impolverite e ormai inusitate del passato e, tuttavia, senza forme suppletive dalla lingua italiana che possano stonare coi suoni dialettali.
Ho voluto cimentarmi in una traduzione letteraria.
Catullo, più di 2000 anni fa, ha cantato sull’amore totale e assoluto, che dà valore alla nostra esistenza riuscendo a riscattarci dai limiti posti dal tempo. Ed è stata anche la sua poesia a vincere il tempo: i sentimenti espressi nei suoi versi sono senza tramonto, così da poter essere modificabili nella lingua riuscendo ad adattarsi ad ogni contesto culturale.
Al di là di spazio e tempo, l’amore è sempre imperante, e, dove l’argomento è così vivo e sentito, le parole scorrono senza difficoltà…
Ecco che anche il dialetto si risveglia all’amore e si muove con una flessibilità sinuosa, danzando senza impedimenti.
Immacolata Sarnataro
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domenica 13 luglio 2008
Ve vulesse regalà
Un giusto tributo ai genitori.
Ve vulesse regalà 'na camminata
'ncopp' a 'na spiaggia bbianca
man' a mano
'e Caraibi
e allera 'na nuttata
di musica e canzon'
spensierata.
Ve vulesse levà trent'anne 'a 'cuollo
e ddà a forza e 'a vuluntà
e 'o desiderio
'e vivere ogni gghiuorno, ogn'ora
ogni minuto, ogni istante
in pieno.
E di conoscere 'o munno tutt' quann'
vulesse ca tenissene 'o piacere
e vedé tanta gente varia
nire, bbianche, indiane
e orientale.
Ma vuje andate avanti
stancamente
e 'i Caraibi nunn'o sapite
manc' addo' stanno,
suppurtate semp' sul' sacrifici
pe' vede' sulamente
'sti figli sistemati.
Immacolata Sarnataro
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sabato 12 luglio 2008
Mi presento
Spiego il motivo dell'inserimento della poesia "Quelle pallide domeniche" ad apertura del mio blog: si tratta di una delle poesie più vicine a me indipendentemente dai tempi e dai luoghi.
Dai miei ricordi più lontani, da quando forse ho acquisito una coscienza, ho sempre visto il mondo in una luce particolare, spesso diversa da chi mi circondava. Ho cercato sempre di lasciare un'impronta, pur da silenziosa e riservata. Dall'adolescenza i miei aspetti contraddittori sono emersi, alimentati dalle notti bianche (dormivo il pomeriggio...) tra libri del liceo, sonetti ispirati dai miei amori idealizzati e Radio Marte (una radio napoletana) a farmi compagnia. Costruivo il mio "Imma-sistema", con le mie amiche donzelle, con cui si commentavano le serate in comitiva sul corso Secondigliano, fuori chiesa o in palestra, i comportamenti contraddittori dei molluschi (i ragazzi conosciuti, in cui spesso riponevamo troppe aspettative) e le pulselle (le ragazze che ce li soffiavano, più intraprendenti di noi belle addormentate!). Aleggiava sempre un'aria di attesa, tra i nostri lamenti per i fati avversi, a volte volutamente grotteschi, e le nostre espressioni creative (scritti, giornalini, partecipazioni a programmi in radio...).
Quei tempi sono passati. Le mie amiche si sono ormai quasi tutte "sistemate". Ho interrotto nell'aprile 2006 uno dei miei legami più profondi... non pensate a uomini! si tratta del "legame" con l'università, che mi ha accompagnata per diversi anni (anche fuori corso) in combinazione con diversi lavori e relazioni sentimentali; e allora ho dovuto fermarmi un attimo e guardarmi intorno. Che fare? Continuare a lavorare al negozio di telefonini a Napoli, cercando qualcosa di meglio e di adeguarmi al sistema cercando marito? Oppure cercare di crearmi ancora un nuovo gruppo di "sopravvissuti"?
Ho preferito approfittare dell'occasione. Libera da impegni sentimentali, con la laurea ormai in tasca, ho deciso di prendere anch'io la mia via, ma partendo a vedere il mondo. Qualcosa nei miei programmi però è andato storto: mi sono trovata scaraventata in una vallata ignota tra le Alpi Svizzere... non era proprio quello che mi figuravo nei progetti!
Parlerò in seguito della permanenza a Sion. Ora arrivo al dunque: perché la poesia?
In me alberga ancora qualcosa di quella 16enne inquieta. In tanti anni ho avuto dei periodi di adeguamento al mondo, ma poi mi sono sempre resa conto di essere più "me" quando riuscivo a mantenere la parte che desidera cambiarlo. Spero di mantenere sempre e comunque questa parte inquieta e che anche le amiche non si lascino travolgere completamente da questo sistema che tranquillizza, ma talvolta spegne. Allora ecco la poesia che parla di amicizia, che trova alimento proprio da ideali e passioni. Dedicata naturalmente alle mie amiche storiche.
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domenica 6 luglio 2008
Quelle pallide domeniche
Quelle pallide domeniche
Sul Corso
Nella testa
Rimbombante
Un canto di chiesa
Sulle bocche
Risuonanti
Confidenze e sfoghi
Di ancora non vissuto
Di tanto da vedere
Ancora
Ora
Avvinghiate in un sistema
Di ingranaggi
Noi
Anche noi
Ma dimmi Anna
Che riesci ancora
A fermarti
A guardare
Con ironia
Al fato avverso
E ad opporgli
Titanica volontà
O pallida
Speranza.
Immacolata Sarnataro
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