lunedì 27 giugno 2016

Estate



Era estate quella lenta, noiosa, di pomeriggi sudati sul lettone di mamma alla ricerca del fresco.
Quella delle giornate al mare con la famiglia, con la sensazione dei piedi insabbiati sulle pedane di legno e il pranzo all’ombra delle cabine.
Quella tra bambine a inventarci come passare il tempo, tra balletti improvvisati nel soggiorno, storie e interviste registrate con i mangianastri (che puntualmente mangiavano i nastri) e lavori all’uncinetto, con quel centrino ancora incompleto.
Era estate quella che aspettavamo per la fine della scuola, da cui ci congedavamo con quei “compiti per le vacanze” (iniziati solo a settembre), quella in cui divoravamo i libri che ci piacevano della collana per ragazzi “Bietti”, sempre gli stessi, con le copertine belle.
Era estate quella delle villeggiature sul litorale domizio, dove andavano tutti e nessuno si vergognava a raccontarlo. Quella del mese intero, lungo, sospeso, ma che finiva sempre troppo presto.
Era estate quella a cui ci si preparava con gli esercizi di ginnastica trovati sul “Cioè”, per preparare il fisico per la spiaggia. Era quella scelta sofferta del costume: due pezzi o intero?
Era estate quella con gli amici e con i primi ragazzi, nella quale si facevano progetti e calcoli per quella giornata al mare o per una settimana lontani dalla famiglia.
Era estate quella.

“Fuori” l’estate è soffrire meno il freddo, è voglia di uscire per approfittare di un bel tempo che non si sa quanto durerà, è voglia di organizzarsi con quei pochi amici (se ci sono) prima che scompaiano chissà dove.
L’estate altrove è voglia di ritagliarsi un po’ di tempo per rivivere un po’ di quell’estate di ieri. Una settimana, due, tre, no… non è più estate. 
L’estate lontano è un’illusione, un sogno breve atteso un anno intero che, se riesci a viverlo, finisce sempre troppo presto.