venerdì 22 novembre 2013

Giovani sopra i 30

Ero seduta in classe al liceo, durante l'ora d'Italiano. Si conversa un po' con l'insegnante.
Una mia compagna di classe vuole porre una domanda: " Professoressa, ma quando lei era giovane...".
Vedo l'espressione della professoressa trasformarsi: occhi e bocca spalancati e aria esterrefatta. "Ragazzi, ma io sono giovane. Un giorno proverete anche voi!".
La professoressa aveva allora 32 anni.

Ho 36 anni appena compiuti e, per non provarlo davvero, sono io stessa a dire da tempo a scuola ai ragazzi "Quando io ero giovane...", forse anche sperando, sotto sotto, che qualcuno, anche ipocritamente, mi dica "Ma lei è giovane!".

Nessuno l'ha mai detto e credo che col tempo debba perderci le speranze.

L'insegnamento è proprio un mestiere da vecchi!

giovedì 3 gennaio 2013

Ricordi...


Tempo fa ho letto un articolo sul progetto di un apparecchio che dovrebbe registrare in maniera inconsapevole dei particolari momenti della vita: un casco con una telecamera incorporata che si attiverebbe solo allorquando il subconscio prova emozioni.

Certo il pensiero di girare con questo caschetto in testa è un po’ ridicolo e poi i ricordi rimangono in noi, senza necessità di una macchinetta esterna. Inoltre avrebbe senso mostrarli ad altri? Non ci basta il modo in cui Facebook soddisfa le nostre manie di protagonismo e il bisogno di impicciarci delle vite altrui? E poi... non bisogna troppo soffermarsi sui ricordi (e lo dice una nostalgica...).
Tuttavia mi chiedo quali sarebbero i ricordi che mi piacerebbe rivedere. Molte scene forse non sarebbero nemmeno state registrate, poiché sul momento non hanno provocato in me emozioni particolari e proprio la constatazione del passare del tempo e del cambiamento le rende preziose.

Camminando per la mia Napoli, ho trovato ovviamente molti posti dei miei ricordi cambiati. Non sono cambiati tutti in una volta, ogni volta noto qualche cambiamento, e penso a scene del passato che non potranno più tornare.

Ricordo le passeggiate alla Upim di Piazza Matteotti (ormai da anni sostituita prima dalla Trony e poi dalla Eldo), con la musica in sottofondo di cui comprai anche la cassetta, tanto che mi piaceva. Ricordo i pomeriggi solitari al cinema Adriano, di cui è rimasta solo l’insegna e al cui posto c’è oggi un supermercato… Beh, sulla strada dal centro di Napoli a casa vedevo sempre quel cinema che non ha goduto di miglior sorte: il cinema Gloria, nei miei ricordi solo un’insegna con ben poco di “glorioso” se non la persistenza nella toponomastica popolare (già all’inizio del liceo, la mia amica Flora mi diceva di abitare vicino all’”ex cinema Gloria”). La stessa sorte ha toccato molti altri cinema cittadini e non posso fare a meno di citare anche quello del mio quartiere (Secondigliano), il cinema teatro Arcobaleno (poi Maestoso), di cui non ho idea di cosa sia stato fatto: non lo vedo da quando io e Flora ci portammo fratelli e sorelle a vedere “Il gobbo di Notre Dame” (loro a ridere, mentre noi eravamo quasi in lacrime per la commozione).

Torno al centro di Napoli. Molte cose sono inalterate, come l’arancino all’angolo di via Monteoliveto, ma la gente cambia. E passando per l’università non posso non pensare con tristezza che oggi il mio professore della tesi non c’è più.

Fino a quando ci sei ti senti al centro del mondo, ti sembra che non cambia mai niente. Poi parti. Un anno due, e quanno torni è cambiato tutto: si rompe il filo. Non trovi chi volevi trovare. Le tue cose non ci sono più. Bisogna andare via per molto tempo, per moltissimi anni, per trovare, al ritorno, la tua gente, la terra unni si nato” dice Alfredo in “Nuovo Cinema Paradiso”, ma forse, dopo tanti anni, sarebbe meglio non ritornare.

Cosa c’è di meglio del ricordare? Ritornare sui posti della vita passata a compiere verifiche e rievocazioni è sempre un passo sbagliato. Non si aggiunge nulla ai ricordi e anzi si guasta il lavoro della memoria, si confondono le immagini già chiare che il tempo ha composto e si smentisce la pura verità della favola nella quale tutto ancora può vivere. Ma si vuole forse ritornare proprio per farla finita coi ricordi, per rimestarli, appesantirli, metterli in condizione di colare a fondo e di perdersi finalmente nel passato. È col ritorno che si pone per sempre una pietra sugli anni che non ci somigliano più” (Piero Chiara).

No, spero proprio di non arrivare a questo punto!

Il tempo passa, ma per fortuna qualcosa può anche cambiare in meglio. Ce lo dice ad esempio, in via Duomo, il museo Filangieri recentemente riaperto al pubblico: un piccolo gioiello. Già da un po’, poi, è stata riportata allo splendore la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, ricca di opere rinascimentali, per tanti anni in restauro e aperta in orari molto limitati. Oggi è finalmente conosciuta e apprezzata, ma una quindicina d’anni fa eravamo in pochi a passeggiare sotto le sue impalcature (ci andavo così spesso che si formò lì un gruppetto di amici): ora è stupenda, ma, nel mio ricordo, quella “da scoprire” era più “mia”.

Che dire poi delle istantanee scattate dalla memoria in famiglia? Tutte staccate tra loro dall'oblio e molte sfocate. Ricordo i pomeriggi con mia cugina Lisa e mia sorella Francesca che ci insegnava a lavorare all’uncinetto;  il famoso 149 con cui mamma ci accompagnava in palestra e quella volta che per lo sciopero degli autobus ce la facemmo a piedi, pioveva e a casa c’era pure Francesca con la febbre. Ricordo babbo che la sera ci aiutava a fare i compiti e ci faceva ripetere le tabelline; ricordo poi la mattina in cui mi hanno detto della nascita di Raffaele, mio fratello. Torno di nuovo a tempi più lontani e vedo sbiadito il ricordo di me in macchina che chiedo ai miei se il terremoto (nell’80) si fosse preso la mia torta di compleanno.

Arrivo a tempi più recenti. Mi rivedo a poco più di cinque anni fa, di ritorno da una vacanza estiva a Perpignan con la mia amica Filena, a gironzolare solitaria e triste per Sion, dove di veri amici non ne avevo. E vedo un viso sorridente di un nuovo collega, arrivato da poco, lui che avrebbe avuto più motivi di me per stare giù. Ora è mio marito.

Sì, credo proprio che le foto e i video più significativi della nostra vita siano quelli mai ripresi... e probabilmente nemmeno da riprendere: anche se suscettibili di alterazioni, stanno bene nella memoria di ognuno di noi.